L’Italia dei favori
Favori ai potenti, diritti spacciati per favori, risarcimenti di devastazioni ambientali solo paventati ma sempre come se fossero concessioni; opere pubbliche promesse e mai realizzate facendo cortesie a chi ha interesse che quelle opere non ci siano. E ancora, Sistemi di Potere che si basano sull’elargizione di favori in cambio di voti e sulla più o meno velata negazione dei diritti a chi di quel Sistema non fa parte. Attraverso otto storie esemplari, il libro “L’Italia dei favori” ripercorre gli ultimi decenni di un Paese che vede sempre di più privilegiare gli Interessi Particolari a danno di quelli Generali. Così i diritti contrabbandati per concessioni provocano in maniera sistematica un crollo dell’affluenza alle urne, una progressione devastante nella partecipazione che subisce picchi al ribasso in coincidenza con gli episodi più gravi. E anche il prosperare di questi Sistemi di Potere che lavorano soprattutto alla perpetuazione del Potere, elargendo favori. E non solo quelli.
L’autore del libro è Stefano Tamburini, giornalista, già direttore di Corriere Romagna, Agl (l’agenzia dell’allora Gruppo Espresso che curava il notiziario nazionale per 18 quotidiani locali), la Città di Salerno e Il Tirreno. Quelle del libro “L’Italia dei favori” (Edizioni Il Foglio Letterario) sono storie che Tamburini ha potuto vivere direttamente – durante il suo viaggio professionale nei quotidiani locali di mezza Italia – e che rivelano le sciagure provocate dai partiti e dai loro appetiti di potere per il potere. Storie dove il cittadino è vittima, e poco importa se i comportamenti dei politici siano stati o meno esaminati dalla magistratura e giudicati anche non illegali. Perché l’ottica con cui viene osservato il progressivo degrado della qualità della politica non è quella del codice penale o civile. E non si ferma neppure al lato più genuino dell’etica. Quello che potrebbe sembrare un duro attacco alla politica in realtà è un atto d’amore per la democrazia e della sua essenza più genuina, quella del rispetto della rappresentanza e, soprattutto, dei cittadini rappresentati.
Il viaggio comincia circa 35 anni fa con il primo arresto di un’intera giunta regionale in Abruzzo (1992), rivelatore di un Sistema ultra clientelare. E prosegue passando per la Romagna (con una grande speculazione immobiliare mascherata dietro la ristrutturazione di uno stadio) e per la Campania, con la descrizione di una stagione particolare del Sistema che gira intorno a Vincenzo De Luca, prima sindaco di Salerno, poi presidente della Regione, nel frattempo molto altro ancora. Salerno è il luogo simbolo della clientela elevata a regola principe, dove essere contro non solo non è facile ma soprattutto non “conviene”.
Molte delle tappe del libro sono ambientate in Toscana ma, come le altre, sono semplicemente esemplari di comportamenti simili a quelli di altre latitudini. La prima è quella dedicata a una delle (ex) capitali della siderurgia, Piombino, luogo di nascita e di formazione dell’autore, dove la prigionia del passato si trasforma in sudditanza verso interlocutori lontani ai quali chiedere continuamente “per favore” l’elargizione di concessioni che invece sarebbero diritti da pretendere: infrastrutture moderne, risanamento ecologico e risarcimento per i saccheggi ambientali. Allo scempio ambientale e al degrado economico si aggiunge poi il colossale imbroglio di un rigassificatore pericolosissimo e inutile, se non agli interessi speculativi dei broker, in un piccolo porto e grazie a una legge speciale che serve a eludere quelle ordinarie. E, soprattutto, a creare un precedente utile per replicare l’imbroglio anche per altre situazioni simili.
Poi c’è la novella triste dell’autostrada Tirrenica, il tratto fantasma da Rosignano a Tarquinia, promessa da sempre e che non si farà mai, con un intreccio di responsabilità gravi a ogni livello e in tutti gli schieramenti politici. La narrazione prosegue con le vicende di un piccolo comune turistico, San Vincenzo, in provincia di Livorno, esempio tipico dove lo sfruttamento della bellezza del luogo a un certo punto sfocia nel disastro più totale sul piano urbanistico e nella sudditanza di chi su questa ricchezza prospera e tende a eludere le regole di base. Creando un rovesciamento della prospettiva, fino a quando l’arresto di un sindaco accusato di corruzione apre lo spiraglio a un cambio di strategia avversato dal tentativo di rivincita del partito delle scorciatoie.
Uno dei blocchi più corposi del libro è dedicato a un intreccio indiretto tra infiltrazioni malavitose della grande criminalità organizzata nello smaltimento illegale dei fanghi di conceria con la palese incapacità della politica di ostacolarle. Protesa com’è a inchinarsi a ogni tipo di Potere, di quelli che hanno soldi per fare altri soldi sulle bollette dei cittadini, con la creazione di una multiutility dei servizi con tanto di quotazione in Borsa. E con la conseguente necessità di costruire impianti molto inquinanti e pericolosi per lo smaltimento dei rifiuti spacciati però come green.
Il libro si chiude con un’appendice dedicata al Potere delle federazioni sportive, da decenni ostaggio dei soliti personaggi, con incursioni e porte girevoli con la politica. Con le immancabili forme di nepotismo e amichettismo che si intrecciano con conflitti di interessi devastanti. E con un’età media di questi dirigenti che è molto oltre quella dei loro colleghi degli altri grandi Paesi, con una presenza femminile risibile e uno spazio per il dissenso molto vicino allo zero. Qui “L’Italia dei favori” diventa laboratorio per metodi di creazione del consenso praticamente perfetti per chi il potere lo vuol far diventare come un matrimonio vecchio stampo, quello con la formula “finché morte non vi separi”.
“L’Italia dei favori” è dunque un viaggio nella memoria di percezioni fuorvianti e di attacchi al cuore della partecipazione. E anche di tradimenti dell’essenza delicata della democrazia e dei suoi valori, premendo sull’acceleratore di scandali non necessariamente giudiziari. Il libro – alternando lo stile del romanzo-verità, dell’inchiesta giornalistica e dell’analisi saggistica – racconta storie di uomini che incarnano Sistemi di Potere che si fanno forti con i deboli e sono proni al cospetto di chi ha già tanto e chiede di più, sempre di più. È una raccolta di avvenimenti che seminano illusioni di convenienza su una conduzione perversa della Cosa Pubblica, specialmente in quella più a contatto con il cittadino. È un collage di abbagli spacciati per specchiate verità, di territori devastati e traditi, di affari per pochi e lacrime e sangue per tanti. Messa tutta insieme, è la storia dell’Italia dei Favori, uno Stato nello Stato che prospera grazie a un’evoluzione dello scambio dell’opportunismo, dello stare dalla parte di chi comanda perché conviene o, alla peggio, “perché non si sa mai”. È la storia delle devastazioni di territori sulla base di grandi affari per circoli esclusivi e briciole distribuite al popolo per quel tanto che basta a farlo restare silente o, quantomeno, abbracciato alla rassegnazione.
“L’Italia dei favori” (Storie di Sistemi di Potere nel Paese degli Interessi Particolari – I diritti spacciati per concessioni e i cittadini in fuga dalle urne), di Stefano Tamburini, prefazione di Giustino Parisse, 412 pagine, versione cartacea 16 euro (acquistabile online o prenotabile in qualsiasi libreria), versione ebook 5,99 euro.
Beati, dannati e sogni truccati
Il titolo del libro è “Beati, dannati e sogni truccati” e rivela la commistione perversa tra la poesia delle grandi imprese sportive e i grandi affari non sempre puliti che si nascondono all’ombra della passione popolare. L’autore è Stefano Tamburini, giornalista, già direttore di Corriere Romagna, Agl (l’agenzia dell’allora Gruppo Espresso che curava il notiziario nazionale per 18 quotidiani locali), la Città di Salerno e Il Tirreno.
Il libro – pubblicato da Edizioni Il Foglio – evidenzia come sempre più spesso il grande sport venga ridotto ad ariete per aprire voragini in quel poco che resta degli anticorpi di giustizia sociale e umana che la civiltà moderna fatica a difendere e a coltivare. E sono proprio le imprese più gioiose a fare da paravento agli orrori di affari sporchi e persecuzioni. Lo sport rischia così di diventare una diga che invece di proteggerci contribuisce a dare riparo a insidie nascoste, che non hanno bisogno di tracimare per travolgerci. Semplicemente passano ai lati, alla base, ci invadono, perché chi è capace di distinguere il bene dal male viene “silenziato” dalle masse più accecate dallo speciale oppio fabbricato dall’abuso della passione popolare.
L’opera si pregia della prefazione di Federico Cafiero de Raho, già Procuratore nazionale Antimafia e Antiterrorismo, oggi vice-presidente della Commissione parlamentare Antimafia che mette in luce «il sapiente lavoro di inchiesta giornalistica dell’autore, utile a illuminare la conoscenza. Viene evidenziato come lo sport non sia soltanto un fenomeno sociale ma un settore economico. L’enorme attenzione creata dalle più importanti manifestazioni sportive, che si rivelano veri e propri eventi globali, unitamente alla
popolarità delle competizioni nazionali e continentali delle discipline più seguite, come il calcio, hanno contribuito alla crescita sul piano finanziario degli affari connessi col mondo dello sport. Nell’attività da me svolta come Procuratore nazionale Antimafia, è emerso sempre di più un crescente interesse delle mafie a infiltrarsi nello sport».
Il libro si apre con le storie dei beati e prosegue con quelle dei dannati dello sport per arrivare alle avventure più fetide dei sogni truccati, con il retrogusto amaro della fregatura, del peggior tradimento di chi sta abbracciando emozioni genuine. È un pellegrinaggio che parte dal paradiso delle imprese più genuine e scende fino all’inferno delle sfide truccate, delle infiltrazioni della malavita. Ci sono anche storie che vanno oltre il significato del trionfo, come quella della pugile Irma Testa, prima italiana a partecipare a un’Olimpiade sul ring e poi capace di portare a casa una medaglia. Lei, cresciuta in un contesto sociale
complicato e innamorata di un’altra donna, riesce a far capire che non ci sono normalità da cui distinguersi. E la sua lezione fuori dal ring è molto più importante di quella che riesce a dare sul piano tecnico alle avversarie. Lezioni che si trovano anche in altri capitoli, anche in quello “collettivo” che apre il libro, dedicato a quattro grandi pugili di un’altra epoca, uno dei quali – Emile Griffith – omosessuale. Lui il combattimento più importante deve affrontarlo proprio nei confronti della discriminazione. Il capitolo parla anche di Nino Benvenuti, Sandro Mazzinghi e Carlos Monzon. Le altre storie dei “beati” sono dedicate a Muhammad Ali, Gaetano Scirea, Pietro Mennea, Gigi Riva, Niki Lauda, Ayrton Senna, Roland Ratzenberger, Gilles Villeneuve, Siniša Mihajlović, Fabio Casartelli. Poi ci sono le storie collettive delle Nazionali di calcio del 1970, 1982 e 2006, del Grande Torino e dell’Aquila Rugby capace di vincere il più impossibile fra gli scudetti. Le storie dei “dannati” riguardano invece Oscar Pistorius, Vittorio Cecchi Gori, James Hunt, Sepp Blatter, Bernie Ecclestone, Claudio Lotito. E anche qui sono presenti le storie collettive dell’ecatombe dell’Heysel che segnò la fine dell’innocenza del calcio, della trattativa Stato-ultrà (con Genny ’a carogna) e quella collettiva di tre piloti fratelli di sogni alle prese con la morte di uno di loro. Infine le storie dei “sogni truccati”, che si snodano dal Grande Sperpero dei Mondiali di calcio di Italia ’90, con un capitolo extra dedicato alle 24 vittime dimenticate nei cantieri di stadi e infrastrutture. Quindi il salvifico no alle Olimpiadi di Roma, il rapporto dell’Antimafia del 2017 con i legami perversi tra sport e criminalità organizzata. Infine più capitoli dedicati all’intreccio devastante tra il grande sport, soprattutto calcio e Formula Uno, con i Paesi Canaglia in fatto di diritti umani e civili racchiusi tra Golfo Persico e Mar Rosso. Chiusura con la storia emblematica del Gran Premio di Formula Uno più truccato della storia, quello di Singapore 2008, che offre l’immagine devastante dei colpevoli dello scandalo capaci di esibirsi in imbarazzanti e tronfie passerelle in pista che suonano come uno schiaffo per i danneggiati e per chi guarda lo sport (e non solo quello) con l’occhio dell’onestà e della lealtà.
Questo libro è l’ideale prosecuzione del primo volume scritto da Tamburini e pubblicato lo scorso danno dal titolo “Il prezzo da pagare” (storie di donne e uomini ribelli, quando lo sport diventa lotta per i diritti umani e civili), semifinalista al premio Bancarella Sport 2023 e insignito del premio “Books for Peace” 2023.
“Beati, dannati e Sogni truccati” (Lo sport tra favole e malaffare), di Stefano Tamburini, prefazione di Federico Cafiero de Raho, Edizioni Il Foglio, 286 pagine, versione cartacea 14 euro (acquistabile on line o prenotabile in qualsiasi libreria), versione ebook 4,99 euro.
L’uomo e il mare
“L’uomo e il mare” racconta una storia accaduta 35 anni fa, di per sé terrificante come può esserla quella di un uomo ucciso da uno squalo. Ma è soprattutto il racconto ancor più devastante del “dopo”, della crudeltà di uomini ancora più feroci di uno squalo che cercavano di far passare una verità alternativa a quella incontrovertibile dei fatti, infangando la reputazione dei testimoni e la memoria della vittima, Luciano Costanzo, 47 anni, lavoratore portuale ed ex calciatore di Massetana, Piombino, Acireale, Livorno, Savoia e Paganese. Fra i più attivi in quest’opera devastante di demolizione della verità c’erano i giornalisti della rivista specializzata Aqua e alcuni quotidiani nazionali, con Vittorio Feltri in prima linea. L’autore del libro è Stefano Tamburini, giornalista, già direttore di Corriere Romagna, Agl (l’agenzia dell’allora Gruppo Espresso che curava il notiziario nazionale per 18 quotidiani locali), la Città di Salerno e Il Tirreno.
“L’uomo e il mare” – pubblicato da Edizioni Il Foglio – è un romanzo-verità che racconta gli accadimenti terribili che seguirono il 2 febbraio 1989. Quel giorno morte e terrore emersero dal mare di un insolito inverno che sembrava maggio. Le fauci di uno squalo si presero la vita di un sub e fecero precipitare Piombino, l’Arcipelago e mezza costa toscana in un film dove tutti erano attori e spettatori. E purtroppo non era che l’inizio di una storia assurda: la straordinarietà degli accadimenti veniva presa a pretesto per metterli pesantemente in dubbio, per costruire una narrazione tossica, devastante, umiliante. In quello scenario, infatti, c’era chi cercava di infangare il sub attribuendogli una fuga per incassare una polizza sulla vita peraltro inesistente. O una battuta di pesca con gli esplosivi finita in malo modo. È la storia di un giornalismo sciatto e in malafede al servizio della menzogna sconfitto da quello più genuino e di qualità pronto a battersi perché un uomo già morto nel modo peggiore non fosse ucciso una seconda volta. E con lui anche un po’ del nostro vivere civile.
L’opera si pregia della prefazione di Giangiacomo De Stefano, produttore, autore e regista cinematografico, figlio di Gennaro, giornalista vittima in Abruzzo di un arresto illegale da parte di un poliziotto poi smascherato e condannato, grazie a un’estenuante opera di indagine alla quale Tamburini, pochi anni dopo la vicenda di Costanzo, prese parte con grande impegno. De Stefano scrive che «il libro di Tamburini ci mostra due diversi modi di intendere il giornalismo. Attraverso la storia tragica di Costanzo si parla di un appassionato lavoro d’inchiesta che contrasta chi vuole mistificare la realtà dei fatti per rovesciarli. Dalla parte opposta c’è infatti il giornalismo che cerca di sfruttare il clamore della vicenda, dando voce a coloro che hanno interesse a negare l’unica verità possibile e cioè che a uccidere Costanzo fosse stato uno squalo. È l’ignoto che ci spaventa e che dipinge come minacciosi elementi da sempre presenti in natura. Lo squalo nel mare, i lupi o gli orsi nei boschi. Tamburini mostra un giornalismo dal valore civile altissimo e lo fa attraverso un libro che ci fa immergere negli avvenimenti come se si trattasse di una serie televisiva, dove il finale aperto fa venire voglia di andare avanti pagina dopo pagina».
“L’uomo e il mare” (Storia di un sub ucciso da uno squalo e dei tentativi falliti di ucciderlo ancora), di Stefano Tamburini, prefazione di Giangiacomo De Stefano, 230 pagine, versione cartacea 14 euro (acquistabile on line o prenotabile in qualsiasi libreria), versione ebook 4,99 euro.

Il prezzo da pagare
Il titolo del libro è “Il prezzo da pagare” e racconta storie di donne e uomini ribelli, trenta vicende lotta per i diritti umani e civili con lo sport come sfondo. L’autore è Stefano Tamburini, giornalista, già direttore di Corriere Romagna, Agl (l’agenzia dell’allora Gruppo Espresso che curava il notiziario nazionale per 18 quotidiani locali), la Città di Salerno e Il Tirreno.
Il volume si pregia della prefazione dell’ex presidente della Commissione parlamentare Antimafia, Rosy Bindi, che si apre con queste parole: «In questo libro lo sport è solo lo sfondo di un palcoscenico più importante, quello dei diritti umani e civili, in un mondo che cresce e diventa migliore, attraverso contributi di vario genere, che passano dall’educazione e in qualche caso anche dalla ribellione. Molti dei diritti che oggi diamo per scontati sono germogliati anche su campi di calcio, piste di atletica, strade di corse infinite, piscine e altri scenari sportivi. Scenari dove purtroppo si assiste anche a fenomeni di corruzione che cominciano intorno ai teatri di competizione, si intrecciano con le sfide sportive e poi si trasferiscono in altri contesti. Come ampiamente dimostrato e documentato da tutte le vicende legate ai Mondiali di calcio del Qatar e agli intrecci perversi fra il Paese del Golfo e la politica occidentale. Nelle pagine di questo libro ci sono imprese di donne e uomini che hanno vinto anche perdendo le sfide che stavano affrontando. Sono avventure che accarezzano, e in qualche caso dipingono con i toni della commozione, uno scenario di conquiste che tutelano la personalità dell’individuo, la libertà di pensiero, di riunione, di religione. E anche i diritti alla diversità, a essere minoranza senza timore di esprimersi. (…)».
Il libro è pubblicato da Edizioni Il Foglio.
Le storie sono 30 (più una) e raccontano atti di ribellione che hanno dato un importante contributo nella lotta per i diritti umani e civili.
Le storie sono quelle di Jack Johnson; Alfonsina Strada; Bruno Neri; Sohn Kee-chung; Ondina Valla; Rino Della Negra; Geza Kertesz e Istvan Toth; Alice Coachman; Sándor Szűcs; Roberta Bobbi Gibb e Kathrine Kathy Switzer; Peter Norman; Vera Caslavska; Artur Ashe; Billie Jean King; Carlos Caszely; Astutillo Malgioglio; Michèle Mouton; Socrates e la “Democracia Corinthiana” Lutz Eigendorf; Heidi Krieger; Hassiba Boulmerka; Derartu Tulu ed Elana Meyer; Cathy Freeman; Jason McElwain; Hakan Sukur; Anna Muzychuk; Maya Moore; Kimia Alizadeh; Krystsina Tsimanouskaya; Asra Panahi, Elnaz Rekabi e Niloufar Mardani. C’è un’appendice con la storia umana del pilota Lewis Hamilton.
In queste storie non c’è solo l’orgoglio contro il pregiudizio, perché sarebbe fin troppo semplice se in qualche modo, alla fine, non arrivasse un conto, un prezzo da pagare. Spesso, anzi quasi sempre, molto alto. Perché non ci sono mai autostrade nella corsa verso il progresso, non ci sono quasi mai porte aperte quando c’è da chiedere rispetto, eguaglianza, giustizia e libertà. Anche nei Paesi cosiddetti dei “giusti”, quelli dove si va a votare e si sceglie chi governa, non sempre è tutto scontato, tutto “gratis”. E dunque c’è sempre un obolo, un pedaggio che diventa gabella per chi decide di combattere per diritti fondamentali, quelli umani, quelli della civiltà.
Queste storie raccontano persone che hanno vinto molto più che una gara, anche quando magari l’hanno perduta. Perché è grazie a queste donne e a questi uomini che oggi fuori da quei teatri di competizione va molto meglio di prima, anche se certe sfide non sono mai vinte del tutto. Soprattutto quando il pregiudizio alla fine riaffiora da questo mare di conservatorismo perenne, che fa da scudo a quelle società dove spesso i primi aizzano, istigano i terzultimi e i penultimi contro gli ultimi. Perché in fondo è più semplice far scegliere a chi non conosce, anche se nell’ignoranza fra Barabba e Gesù si manda in croce quello buono e si salva il cattivo. A chi comanda, tutto questo serve per conservare il potere per il potere, a illudere il popolo di partecipare. Non è libertà, non possiamo chiamarla così. Per questo, in molti capitoli della nostra storia, le ribellioni sono state un passaggio fondamentale, salutare. Il libro tramuta gli esempi in memoria. E la memoria conta, dobbiamo farne buon uso.
Tutti quanti.



